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Il trattamento digitale dei film di famiglia di Rodolfo Canfailla

Work in progress…

“Inutile dire che ho rivisto un paio di volte tutti i film che ho scaricato… mi dispiace apparire come protagonista, ma, davvero, quanta emozione! La visione ha provocato un groppo alla gola, come mi aspettavo… Vedere non è la stessa cosa che ricordare. E il movimento è un aspetto tipico che completa il ricordo collegato alla persona (al di là di qualsiasi fotografia), anche alla propria. Bellissimo!….” ( Roberto Canfailla, 15 marzo 2022)

Premessa a cura della Fondazione Aamod

Si tratta di un fondo costituito dai documenti filmici realizzati in 8mm dal cineamatore e fotografo di Aversa, Rodolfo Canfailla, tra il 1957 e il 1980. Il trasferimento presso la Fondazione AAMOD è avvenuto per volontà del figlio Roberto Canfailla, che ha depositato in archivio, nel novembre 2021, 81 bobine. Attualmente il fondo è in corso di descrizione analitica su piattaforma xDams, da parte della dott.ssa Clelia Di Piro, dell’Università La Sapienza, con la finalità di preparare la sua tesi magistrale proprio sulla storia e le specificità di questo fondo, in corso di recupero e studio, costituito da film di famiglia e amatoriali. Sono previsti alcuni incontri con il depositante, Roberto Canfailla, che sarà intervistato durante la visione dei film. Nel frattempo è in corso di realizzazione l’albero genealogico della famiglia. Si prevede di completare la catalogazione entro l’estate 2022.

In calce, le prime notizie di carattere biografico del padre Rodolfo e del figlio, Roberto Canfailla. 

L’ispezione delle pellicole, gli interventi di pulizia e conservativi e la digitalizzazione ad alta risoluzione sono stati affidati ai laboratori di Cinecittà, in particolare a Fabrizio Carraro. Segue una sua sintetica relazione, a conclusione delle scansioni effettuate, realizzata tenendo conto anche del suo carattere divulgativo.

Per chi volesse informazioni sulle metodologie e le scelte di trattamento adottate può scriverci: info@aamod.it

A conclusione del lavoro di recupero e di restituzione e valorizzazione del fondo Canfailla, sarà pubblicata una relazione più articolata.

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Relazione tecnica di Fabrizio Carraro

Il fondo Canfailla è composto da 81 bobine 8mm, quasi tutte da 7,5 cm, corrispondenti a circa 4 minuti a 18 ftg/sec. ciascuna. Le bobine del fondo sono divise per decadi: anni ’50, anni’60 e anni ’70, oltre a 4 rulli degli anni ’80 del Novecento.

Prima del loro uso, le pellicole 8mm venivano vendute in una bobina, contenente una particolare pellicola larga 16mm, caricate in oscurità nella cinepresa. La cinepresa esponeva solo una lato della pellicola. La durata della bobina era di circa due minuti, al termine dei quali la cinepresa andava aperta e i rulli girati, per permettere altri due minuti di ripresa, durante la quale veniva esposta la metà della pellicola non esposta dal primo passaggio. Dopo il secondo passaggio, il rullo andava rimosso e riconsegnato per lo sviluppo, che comprendeva il taglio nelle due sezioni larghe 8mm e la giunta di queste sezioni. Normalmente veniva utilizzata pellicola invertibile, quindi il positivo da proiettare era la stessa pellicola caricata nella cinepresa, sviluppata tramite un “trattamento d’inversione”.

Paillard Bolex C8SL

La digitalizzazione del fondo è stata predisposta dal sottoscritto, preparando e ispezionando i rulli al tavolo passafilm, utilizzando quindi il nuovo scanner FilmFabriek in dotazione ai “cellari” del Luce. Il lavoro di scansione in buona parte è stata realizzato, con impegno, competenza e passione, dal collega Ivano Niosi del Luce.

Si tratta di una macchina di alta qualità tecnologica (e costo), dotata di un sensore da 4K, utilizzato a 2K, in questo caso. L’illuminatore a luce diffusa consente di ridurre in parte i graffi e le righe sui fotogrammi, mentre il colore e l’intensità variabile sono usati per adattarsi all’esposizione e alle possibili dominanti del materiale in scansione. La macchina ha anche possibilità di scansione “sotto liquido” per una migliore riduzione dei graffi e delle righe, ma in questo caso tale funzione non è stata usata, perché l’alcool isopropilico, necessario al procedimento, necessita di locali particolari e di adeguata aerazione ed aspirazione. Ma è stato comunque sperimentato un altro sistema in “post”.

Tutte le sequenze delle pellicole Canfailla sono state stabilizzate, per eliminare vibrazioni involontarie, tipiche nei film realizzati con camere a mano leggere. A seguire, un’altra delle cineprese Bolex paillard di Rodolfo Canfailla, proprietà del figlio Roberto.

Il sistema usato per la stabilizzazione è l’ottima funzione di Da Vinci Resolve (versione 17 al tempo del lavoro), in una modalità grazie alla quale l’immagine non viene mai tagliata, ma solo spostata, lasciando eventualmente delle bande nere per riempire il fotogramma. Il risultato ha migliorato notevolmente la maggior parte delle sequenze (a parte una ripresa da un’auto, impossibile da stabilizzare) e ha sicuramente interpretato le intenzioni dell’autore.

Alcune sequenze erano eccessivamente sottoesposte. In questi casi, una forte compensazione è stata effettuata in “post”, rendendo visibili immagini altrimenti nascoste nel buio. Naturalmente in questi casi la grana della pellicola è molto più visibile.

Il dettaglio è molto variabile, sembra che siano state usate diverse cineprese con ottiche diverse. Nelle sequenze con meno dettaglio ho usato un leggero “sharpen” per renderle più “gradevoli” (nitide e fruibili). Purtroppo, però, lo “sharpen” evidenzia anche i graffi e le righe. Molte sequenze andrebbero infatti trattate successivamente, per togliere questi difetti.

Ma “in post”, su Mac, utilizzando un nuovo filtro anti graffi e polvere, ho potuto ripassare comunque tutto il materiale, con risultati soddisfacenti, pur potendo intervenire ancora con un restauro mirato.
Alcune sequenze sono affette da un forte “pompaggio” di luce dovuto al controllo automatico del diaframma della cinepresa, che tenta di dare sempre una giusta esposizione basandosi sulla media della luce del campo inquadrato, o della parte centrale di questo. Si nota soprattutto in una scena dove un bambino vestito di bianco alza il braccio causando un forte calo di luminosità su tutto il resto dell’immagine. Difetti tollerati al tempo, e sicuramente “restaurabili”.

Tutto il materiale, scansionato in formato DPX 2048×1556, è stato anche convertito in ProRes HQ e in H264, nonché nel più recente ed efficiente h265, dove tutte le sequenze sono state filtrate con un ottimo sistema per la riduzione della grana.  

A parte queste considerazioni tecniche, è stata per me un’emozione continua seguire, o meglio, “sbirciare quasi di nascosto”, le vicende familiari dei protagonisti di questi film, vedere il bimbo (forse proprio il signor Roberto Canfailla che ha chiesto questa digitalizzazione), che dai primi passi incerti diventa un vispo ragazzino, un adolescente e un giovane uomo.

Mi chiedo se la madre, inquadrata insieme al bimbo in centinaia di sequenze, approvasse il fatto che il marito, senza un attimo di tregua, in tante occasioni fosse sempre con la cinepresa in funzione.

Ma gli siamo grati, altrimenti tutti questi ricordi non esisterebbero.

Fabrizio Carraro, giugno 2022

vallombrosa

Appendice con note biografiche a cura del figlio di Rodolfo, Roberto Canfailla

Rodolfo CANFAILLA (Avellino, 21/04/1926 – Aversa, 02/11/1994)
“Nasce ad Avellino e segue gli spostamenti della famiglia a seguito dei trasferimenti del padre legati a motivi di lavoro, prima a Lucera (FG), dove trascorse la propria infanzia poi, ormai ragazzo, ad Aversa (CE), dove si stabilisce definitivamente.
Nel luglio del 1955 Rodolfo sposa Assunta Trematerra (Napoli, 10/02/1930), casalinga che, dopo il matrimonio, lo affianca nella gestione dello studio fotografico.
Appassionato da sempre di arti grafiche, inizia a occuparsi per hobby di fotografia, già dalla prima giovinezza, realizzando una fotocamera in legno perfettamente funzionante. Si avvicina, quindi, alla fotografia da autodidatta imparando ad eseguire in proprio tutto il processo, dallo scatto allo sviluppo.
All’inizio degli anni ’50, mentre è occupato come banconista in una farmacia, inizia a offrire i suoi servizi fotografici ad amici e conoscenti. Nel 1954 realizza il suo sogno e sceglie la fotografia come suo unico e vero lavoro e apre al pubblico, con parte dei risparmi derivanti dalla precedente occupazione, uno “studio fotografico” attrezzato per le fotografie in posa. Avvia un’attività professionale di “artigiano innamorato della fotografia” che tiene sempre viva fino alla morte.
La sua attività, però, non è stata mai limitata alle attività in studio (fotografia in posa, stampa “rullini dilettanti”, servizi funerari ecc., dove eccelse nel fotoritocco che – secondo necessità – praticava sulla fotografia stampata o direttamente sulle lastre, o sulle pellicole in studio ) né al solo territorio cittadino. Gradualmente diviene un punto di riferimento soprattutto per la fotografia professionale in esterno (matrimoni, comunioni, battesimi, lavori di ingegneria e di architettura, stampa professionale di scatti a scopo di ricerca nel campo medico e per tesi di laurea) per tutto il vasto comprensorio aversano e il confinante territorio in provincia di Napoli. Un suo vanto, se così può dirsi, fu quello di essere l’unico fotografo accreditato ad entrare nel Monastero delle Suore di Cappucinelle di Aversa (Suore di clausura, al tempo molto numerose) per le istantanee “foto tessera” finalizzate al rilascio della Carta di Identità e per altre limitatissime occasioni.
Professionalmente è intimamente legato alla fotografia in quanto tale, ma ha utilizzato, “vinto ma non convinto”, il film per lasciare memoria della sua famiglia. Pertanto, nei filmini ritrovati si trovano testimoniati quasi esclusivamente eventi, gite e vacanze estive.
In realtà, da persona schiva, ha utilizzato la cinepresa anche per essere un protagonista esterno ai fatti: si trova ripreso in pochissime occasioni e comunque solo per qualche fotogramma.
La proiezione e, quando ne aveva tempo, il montaggio hanno rappresentato rispettivamente l’occasione, a suo modo, di essere vero “protagonista”: traeva soddisfazione dai commenti che la proiezione induceva nei partecipanti e costituiva un modo per distrarsi dalla routine quotidiana.
Inoltre, poiché le famiglie di origine sono distribuite tra la Campania e la Toscana, molto spesso la proiezione di un filmino costituiva, per chi viveva in Campania, l’occasione di sentire vicino chi viveva in Toscana e viceversa. Insomma, una sorta di re-union virtuale”.

Roberto CANFAILLA (Aversa, 30/07/1956)
“Unico figlio. Ingegnere. Ama anche lui la fotografia che coltiva come hobby e che ha sempre utilizzato anche nelle proprie attività professionali.
In memoria del padre, del suo amato lavoro di “artigiano della fotografia” e della sua famiglia, nonché per contribuire a mantenere traccia di un periodo storico imprescindibile per la storia e lo sviluppo del nostro Paese e della nostra Democrazia, ha deciso di aprire una collaborazione con la Fondazione AAMOD, di cui ha condiviso approcci e obiettivi, consentendo l’istituzione di un fondo nell’archivio audiovisivo curato dalla stessa Fondazione”.

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