sortie d'usine

Cinecittà indietro tutta: gli Studios tornano allo stato

di Vincenzo Vita

Come volevasi dimostrare. La cessione alla cordata privata di Abete, Della Valle, De Laurentiis di “Cinecittà studios” è arrivata al capolinea.

Fanny Ardant, nella celebre battuta, diceva che ogni storia ha un inizio, un centro e una fine. Appunto. L’epopea del liberismo, che proprio in quel dannato 1997 ebbe la sua epifania con la cessione al mercato di Telecom e degli  storici stabilimenti di via Tuscolana, non ce l’ha fatta.

Anzi. Di fronte all’avvento della stagione digitale e alla nuova egemonia degli aggregatori di dati – i cosiddetti Over the Top come Google o Facebook o Amazon- il malconcio capitalismo italiano del settore ha mostrato tutti i suoi limiti. Purtroppo, miopia e inadeguatezza si sono accompagnate a protervia e furore contro i lavoratori.

Ricordiamo la lunga lotta del 2012, sostenuta dal prestigio di Citto Maselli e del compianto Ettore Scola, sottovalutata e rimossa da un gruppo manageriale privo di qualsiasi visione strategica. La prova concreta dell’assenza di un’idea di rilancio produttivo fu la scelta fallimentare di puntare sul parco a tema sulla via Pontina, “Cinecittà World”. Fallimenti a go go.

Non solo. Sullo sfondo un’altra sconfitta. La sussurrata ipotesi dell’edificazione dell’area, da sempre oggetto del desiderio della compagnia di giro dei palazzinari, pare anch’essa svanita, con tanto di imbarazzo per la surreale ipotesi del mega albergo dentro gli studi.

Tra l’altro, il Municipio del territorio ha approvato un impegnativo ordine del giorno contro ogni speculazione. Ora, secondo indiscrezioni ormai confermate pure dai livelli istituzionali, L’Istituto Luce sta per riassumere il controllo di Cinecittà, incrementando l’attuale quota del 19,92% fino ad assumere il controllo della società.

Si corregge in corsa, dunque, la sostanza della legge 346 del 1997 e ci si appoggia ad uno degli innumerevoli commi del recente “milleproroghe” (articolo 11, comma ter) che attribuisce risorse ed evoca sinergie con la Rai. Giusto, vecchia bella idea. Ma sarà vera gloria? La “ri-pubblicizzazione” è un mero parcheggio in attesa di qualche altra cordata privata (c’è chi scalpita…) o la premessa per un vero ripensamento?

E già, perché il rilancio di un autorevole polo pubblico è doveroso, se si vuole evitare che il nostro immaginario venga definitivamente occupato dagli algoritmi. Dal pensiero unico dell’istantaneità. Il cinema è la metafora, dunque, della qualità dei linguaggi e della declinazione creativa della potenza tecnologica.

Ecco, si sta giocando una partita storica, non solo un annunciato cambio di testimone. È proprio il momento di cambiare.

 

pubblicato su Bookciak Magazine il 25 febbraio 2017

 

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