Tesi integrale di Marcello Galia, in Metodologia e fonti per la ricerca storica, Università degli Studi di Roma Tre – Dipartimento di Studi Umanistici. Prof. Manfredi Merluzzi, a.a. 2017-2018.
“In questo lavoro si è voluto analizzare la relazione tra memoria, storia e audiovisivo e come fosse cambiata nel tempo. Prendendo le mosse da uno spezzone di film, dedicato a Giorgiana Masi e conservato presso l’Aamod, si è venuto delineando un rapporto tra questi elementi sempre più stretto e fitto, anche grazie al graduale svincolamento dalla materialità e temporalità reso possibile dalle nuove tecnologiche. Memoria e storia, due nomi usati spesso come sinonimi, ma per i quali c’è invece bisogno di distanza e riflessione.
Per tornare alla citazione di Ricoeur85, ci troviamo ormai su di un vascello in cui i due alberi maestri, la storia e la memoria, hanno le vele più attorcigliate che mai. Districare queste vele è ancora oggi compito dello storico. E’ lui che deve dare inizio alla navigazione e condurre in porto l’imbarcazione, rappresentando nel tragitto il passato.
Abbiamo visto come oggi questo ruolo non possa essere più soltanto dello storico di professione, ma di tutta una nuova schiera di storici che fanno storia anche fuori dalle istituzioni accademiche e che portano la storia ovunque, dai social network alle piazze. Lo abbiamo visto tracciando il profilo dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico che, in pieno stile sessantottino, ha saputo portare il privato nel pubblico, promuovendo così le nuove pratiche storiche della Public History.
L’Archivio si è incaricato di raccogliere una memoria specifica, quella delle lotte degli anni Sessanta e Settanta, insieme privata e pubblica, e di farla dialogare con la Storia. Ha salvato dall’oblio ore e ore di materiale audiovisivo, ma anche cartaceo e fotografico, e seguendo il motto, più volte citato, di Zavattini ha rimesso in circolazione questo materiale per non farlo impolverare sugli scaffali.
Questa filosofia “zavattiniana” trova il suo compimento proprio con la svolta digitale e con il web, strumento di cui Zavattini sarebbe stato entusiasta, per la grande libertà espressiva e di realizzazione delle idee che permette. Abbiamo visto come con il “digital turn”, il “2.0” e con tutto quello che va sotto il nome di Digital Public History, gli scaffali di Zavattini non siano più pieni, in quanto tutto il materiale è online e completamente smaterializzato.
Lo abbiamo visto nello spezzone filmico che ci ha fatto da filo d’Arianna in questo lavoro sul rapporto tra storia, memoria, audiovisivo e sul quale rapporto ci sarebbe ancora molto da scrivere.
Analizzando le reazioni e le interazioni al video postato sul profilo social dell’Archivio, troviamo utenti che si limitano a condividere il contenuto del post sul proprio profilo, andando così a moltiplicare il video, come in un gioco di specchi distorti che moltiplicano all’infinito l’immagine. E’ questa una metafora che trovo molto adatta al mondo dei social network e la cui paternità è di Marcello Ravveduto, storico ed esperto di Public History86. Troviamo però anche due utenti che affermano di aver partecipato a quel corteo. Un uomo, che era presente anche alla manifestazione in cui morì la Masi, che nel suo ricordo pare ancora scosso da quell’evento a distanza di decenni. L’altro utente è una donna che, ancora bambina, partecipò al corteo seduta sul sellino del motorino del nonno ex partigiano, che lo spingeva a mano per le vie di San Lorenzo. Entrambi vogliono raccontare e condividere il proprio vissuto, la propria memoria di quell’esperienza, senza filtri. Storia privata e Storia si incontrano. La Storia di quei giorni, di quel periodo, si unisce alla memoria privata di queste persone in una relazione sempre più stretta tra ieri e oggi, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione che azzerano le distanze spazio temporali, ma che bisogna sempre ricordare però necessitano di vigilanza.
Da qui si potrebbe partire per esplorare ancora e più in profondità le nuove relazioni “pericolose” tra memoria, storia, audiovisivo e nuove forme di comunicazione, in un mondo in cui tutti hanno fame di storia, facendo della storia un qualcosa di “pop”. Non per niente nella hit estiva di questa estate, Mi fai volare di Fabio Rovazzi, si diceva appunto che “tutti fanno storie ma solo sul cellulare””. Dalle Conclusioni dell’autore della tesi.