Non categorizzato

Pensavamo di cambiare il mondo.

Una riflessione dalla prima di 16millimetri alla rivoluzione.

Di Lorenzo Fedele

Qualcosa di speciale e all’insegna della speranza è avvenuto nelle due serate dell’8 e 9 gennaio scorso, nella cornice del Cinema Sacher in Roma. Una serata dedicata al film 16 millimetri alla rivoluzione di Giovanni Piperno, prodotto dall’AAMOD, da un’idea del regista stesso e Luca Ricciardi.

È sempre Piperno che dialoga con una fervente protagonista del tempo. La fondatrice de “Il Manifesto”, scrittrice ed attivista Luciana Castellina si e ci entusiasma nel flusso di ricordi che va dalla sua iscrizione al partito di Gramsci e Bordiga e giunge ai discorsi di D’Alema e Occhetto sulla necessità di archiviare questa grande esperienza – segnata per sempre anche dall’improvvisa scomparsa di uno dei leader più fondamentali, Enrico Berlinguer, e dell’impossibilità, una volta tornati nelle sedi dei partiti, le case di tutti, di portare avanti quelle svolte coraggiose che l’ormai “grande assente” aveva posto ai suoi compagni ed un po’ all’Italia tutta. Su questo, un’altra stimolante riflessione è stata fatta nel corso dell’evento e di come questo partito, il più grande partito comunista al di qua della cortina, è stato anche il più capace partito della storia repubblicana a fare una riflessione spesso puntuale del Paese.

Di pregevole ricerca lo sguardo degli autori e ricercatori che, da buoni cacciatori di tracce, tessono un personale filo della memoria scandendo i minuti che scorrono sullo schermo con materiali d’archivio di Scola, Gregoretti, Giannarelli, Ferrara ed altri affezionando e riproponendo, come sempre dovrebbe avvenire, uno sguardo inedito cosciente, malinconico, struggente.

Le due voci generazionali, quella della Castellina e di Piperno, ben si confanno come due opere distinte, ma accomunate dalla stessa idea di spiegarsi e spiegarci cosa volesse dire essere comunista in quegli anni e come attualizzare tale riflessione.
La disillusione ha un po’ eroso il terreno circostante per un dibattito inteso come possibile spazio comune per osservare, riflettere ed argomentare, anche per un eventuale ricostruzione d’esso. Un luogo prima ancora da individuare dentro di noi piuttosto che attorno a noi. Troppi anni di scissioni ed inconcludenti programmi hanno lasciato in eredità un’Italia orfana, amara e depurata dalle sue additivazioni mitologiche. Ciò che ho visto nella scomoda, ma sempre animata sala del Sacher è glorioso nella totale immersione frastornante del film, per l’insieme turbinoso di emozioni, pensieri, sensazioni, ricordi, rimpianti che mi ha avvolto. Se non con la nostalgia – semmai con il rammarico -, il film attesta incontrovertibilmente che vivevamo in un mondo se non migliore, ma sicuramente più intelligente, più poetico, più stimolante, più coinvolgente.

È stato per il resto interessante ascoltare ed osservare l’enorme quantità di ricordi e materiali montati, seguire le presentazioni dislocate in spazi (im)propri della memoria, scambiare piacevolmente e mnemonicamente due chiacchiere con i tanti amici incrociati nel corso della visione. Qualcuno, replicando un ragionamento disgraziatamente in voga da qualche decennio in tutti gli ambiti dell’agire umano, immancabilmente ha osservato che oltre ad aver mancato l’appuntamento con quello o quell’altro protagonista o evento, questo 16millimetri alla rivoluzione ha avuto il merito di avvicinare più gente del previsto, come attestano le variegate e vivaci anime vocianti nel corso della proiezione.

Penso invece che associare alla cultura che si vorrebbe e si proclama più libera, critica e non allineata, questi espedienti che ne contraddicono palesemente i principi, rischi di banalizzare e omologare la meritevole iniziativa disperdendone gli intenti originari e alienandone i più sprovveduti di memoria, soprattutto se una delle sfida è portare questo film nelle scuole. Chi si prenderebbe questo onere?
Ciò detto, seppur faticando più che in passato, è stato piacevole il dibattito che si è animato subito dopo la visione, tenendoci un po’ di compagnia in una serata alquanto fredda ed uggiosa.

Senza tralasciare l’aspetto che un documentario non può contenere tutto. Ciò che sicuramente non manca è il PCI impegnato, arrabbiato con i propri figli più reticenti ma che rimangono pur sempre comunisti, dubbioso, recriminatorio, disilluso, amareggiato, insomma quello che incarna più contraddizioni possibili.
E qui, sinceramente, intravedo la preferenza consueta degli addetti ai lavori, delle persone engagé, del ceto colto, soprattutto di sinistra, per la sua eterodossia e la franchezza delle critiche al partito e alla posizione seppur collettiva anche molto individuale, in tutte le sue sfaccettature morali, etiche, psicologiche e civili. L’umanità non è colpita solo da atrofia muscolare ma pure intellettuale e qui non siamo troppo distanti da quanto accade nel mondo odierno – un po’ lo si vede anche negli occhi (da remoto) di Castellina. Si cerca, non fosse che per esercizio di testimonianza, di contrastare questa indole partendo da una critica del linguaggio, dell’invadenza della tecnologia, dei media e dei social. Sempre avvalendosi del supporto della memoria d’archivio appropriata si interviene in forma di “elzeviro”, di corsivo, talvolta di aforisma, di battuta, calembour (vedi il divertente, affabile e geniale Gregoretti che va a “riprendere per il bavero” un elettore che, alle imminenti elezioni di quegli anni, voterà radicale).

A guidare nella visione sono anche le convinzioni di sempre, una “predicazione inutile” di marca schiettamente laica, libertaria, antidogmatica contro ogni genere di fede cieca e assoluta, ideologia o identitarismo. Come pure saranno da traino, per lo sguardo che vuole restituire il film, il suo anticonformismo, intellettualismo non allineati, da navigatori solitari, spiriti liberi, artisti senza tessera e, ovviamente, umoristi, Ugo Gregoretti in primis.
Proprio per questo, non è forse un delitto privarci di un patrimonio ormai dimenticato?

Lista materiali d’archivio citati

E. Scola, Trevico-Torino. Viaggio nel Fiatnam, 1973 Fondo Unitelefilm

Intervista a Zavattini e Gregoretti sui Cinegiornali Liberi, 1968 Fondo Unitelefilm

Lenin vivo, 1970 [ed. italiana] Terzo Canale – Fondo Unitelefilm

G. Ferrara, Io voto, tu voti (PCI), 1981 Fondo Unitelefilm

U. Gregoretti, Comunisti quotidiani, 1980 Fondo Unitelefilm

24 gennaio 2024.

[gmw_single_location]