news

20 settembre, dì di breccie. Nasce Cesare Zavattini.

ansano_za_la_follia_aamod
Cesare Zavattini e Ansano Giannarelli sul set de La “follia” di Zavattini (Ansano Giannarelli, 1981)


20 settembre 1870. Alle 9 del mattino, al segnale del generale Raffaele Cadorna, fanti e bersaglieri dell’esercito italiano irrompevano a Roma da Porta Pia, abbattendo di fatto il dominio pontificio e sancendo l’annessione di Roma al Regno d’Italia.
20 settembre 1902. 120 anni fa nasce, a Luzzara in Emilia, Cesare Zavattini.
Con questo, non si azzarda connettere questi due momenti a livello storico – per quanto effettivamente suggestiva possa essere un’iconografia di uno Za eroe risorgimentale, o addirittura immaginarlo come una mitologica figura che attraversa, quando da protagonista quando da osservatore, pedinatore, i grandi momenti della Storia del Paese –, ma certo non dispiace ricordarli assieme: in parte anche perché Zavattini stesso andava fiero di condividere il giorno della sua nascita con uno dei momenti finali e fondamentali della conquista dell’Unità, e in parte perché davvero, in misura minore – ma forse neanche di troppo – Zavattini è stato padre e artefice di un’altra grande avventura e conquista, che sorgeva anch’essa, come la breccia, dalle macerie italiane; quelle lasciate dall’immediato secondo dopoguerra, popolate da italiani che, alla stregua di nuovi uomini di ritorno alla civiltà, ricominciavano dalle vestigia di un mondo a pezzi, tra brandelli, polvere e rovine. Figure ed entità della nuova realtà, sono gli uomini e le donne che Zavattini segue e riporta sul grande schermo dell’allora ancora cinematografo attraverso il pedinamento del reale sopracitato, insegnando il non-evadere mai da esso e dando così il via alla stagione del Neorealismo, davvero quella breccia che, al pari dei militari dell’esercito regio, squarciava il velo tra pellicola, narrativa del reale e infine reale stesso.

L’inizio, questo, di un dialogo costante tra Za e il cinema, con autori coevi e compatrioti e lontani e stranieri (Jean-Luc Godard, padre della Nouvelle Vague scomparso solo una settimana fa, lo annoverava più volte tra i suoi maestri). Una dialettica mai consumata, che negli anni ha attraversato l’impegno e la fiamma dei Cinegiornali liberi, l’unico eccezionale e dirompente passaggio dalla scrittura all’obbiettivo della macchina da presa come regista de La veritaaaà (1982), e la fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico di cui è stato il primo mitico presidente per tanti anni. In linea con gli ideali che guidavano il progetto dei Cinegiornali Liberi, dell’Archivio – e degli Archivi – Zavattini ha sempre parlato di un luogo della memoria che non custodisse il passato, ma il presente: la tensione al non-evadere dalla realtà mai doma, capace di revitalizzarsi e rinnovarsi attraverso le immagini che si trovano non «là nelle scaffalature in una indeterminata attesa, diventando cioè sempre più archivio, secondo il vecchio vocabolario, ma sono invece percorsi da una viva impazienza di entrare nella dialettica odierna delle lotte democratiche, di contribuire a creare una informazione più libera fin dalla sua radice».

Gabriele Ragonesi. 20 settembre 2022.

[gmw_single_location]